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Cronobiologia e Sport: i ritmi circadiani e la performance

  • Creato da COREBO
  • Categorie Biologia e Sport
  • Data 15 Luglio 2020
  • Commenti 0 commenti
  • Tags cronobiologia e sport
Cronobiologia e Sport

Cronobiologia e sport: cosa s’intende con questo binomio e come i ritmi circadiani influenzano la performance sportiva.

Esiste un periodo durante la giornata in cui la nostra performance atletica è massimizzata?

Dipende dalle nostre preferenze o è dettato da un ritmo circadiano individuale?

In questo articolo cercheremo di rispondere a queste domande. Inoltre sono presenti esempi di applicazioni pratiche da adottare per ottimizzare la performance sportiva.

Cronobiologia e Sport: i ritmi circadiani e la performance

I determinanti della performance sportiva

La ricerca ha riportato come la performance fisica possa subire variazioni giornaliere fino al 26% (Facer-Childs & Brandstaetter, 2015). Tale inconsistenza pare derivare dall’intrecciarsi e influenzarsi reciprocamente di alcuni meccanismi.

 

L’interazione contemporanea di diversi fattori influenza l’esito di una performance fisica oltre che determinarne le fluttuazioni nel tempo. Oltre a nutrizione, qualità e quantità del sonno e umore, nel 2009, Reilly e Waterhouse hanno proposto i seguenti meccanismi:

 

  • esogeno (esterno-ambientale). Difficilmente controllabile (temperatura esterna);
  • endogeno (interno-fisiologico). Manipolabile mediante allenamento e conoscenza dei ritmi circadiani per massimizzare l’adattamento;
  • psico-biologico. Derivante da fattori che influenzano lo stile di vita (preferire una fascia oraria per l’allenamento o dormire).
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Cronobiologia, ritmi circadiani e il nostro orologio interno

I ritmi circadiani (dal latino “quasi un giorno”) in cronobiologia sono definiti come ritmi endogeni della durata di circa 24h in cui si verificano variazioni a livello fisiologico e comportamentale. Questi sono presenti in quasi tutti gli organismi viventi e consentono loro un’anticipazione dei cambiamenti che si verificano nell’ambiente. Infatti, svolgono un ruolo da “orologio interno” grazie alla loro sincronizzazione con il ciclo giorno-notte.

 

Nell’uomo e negli altri mammiferi il pacemaker circadiano si trova a livello dei nuclei soprachiasmatici nell’ipotalamo. Qui, mediante la retina, giungono le informazioni riguardo al ciclo solare ed i ritmi biologici giornalieri vengono regolati (ciclo sonno-veglia, regolazione della temperatura corporea, secrezione di ormoni).

 

Ritmi circadiani e performance sportiva

Uno dei principali fattori endogeni legato ai ritmi circadiani (meccanismo endogeno) è la temperatura corporea che incrementa progressivamente nelle ore mattutine per raggiungere il picco in tardo pomeriggio. Ne conseguono miglioramenti dei sistemi neuromuscolare e metabolico (vasodilatazione, glicolisi e gluconeogenesi, velocità di conduzione degli impulsi neurali, forza). Per questi motivi sembra che la performance sia massimizzata nella prima serata (Teo, Newton & McGuigan, 2011).

 

Ciò nonostante, pare che il ritmo circadiano cui la temperatura corporea è sottoposta possa parzialmente spiegare le fluttuazioni giornaliere in performance massimali di breve durata (forza e potenza). È stato infatti proposto che queste siano soggette ai ritmi circadiani.

 

Ad esempio si suppone che variazioni delle proprietà contrattili dei muscoli siano associate a meccanismi periferici, come un marcato rilascio di ioni calcio dal reticolo sarcoplasmatico e una maggiore sensibilità allo stesso da parte delle proteine contrattili (Martin et al., 1999). In aggiunta, Guette e colleghi hanno suggerito come fluttuazioni giornaliere in contrazioni volontarie massimali derivino da variazioni a livello muscolare. Nello specifico, che le fluttuazioni circadiane dei sistemi legati al rilascio di ioni calcio e del fosfato inorganico (Pi) intracellulare sono responsabili di una maggiore forza generata dai ponti actino-misosinici nel pomeriggio (Guette, Gondin & Martin, 2005).

Tuttavia, i meccanismi esatti responsabili delle variazioni giornaliere della forza richiedono ulteriori delucidazioni.

 

Picchi di espressione della forza sono raggiungibili nel tardo pomeriggio (16.00-20.00), mentre i valori minimi sono generalmente registrati al mattino (6.00-10.00). Alcuni esempi sono valori superiori della forza nelle braccia, gambe, schiena e salto in alto. Inoltre, sia la natura della contrazione muscolare (statica e dinamica) sia le velocità di contrazione sono soggette ai ritmi circadiani (Hayes, Bickerstaff & Baker, 2010).

 

Cali nella performance atletica al mattino sono stati riportati sia per attività di breve durata (forza e potenza) sia per eventi ripetitivi di lunga durata (nuotare, correre).

 

Inoltre, alcuni ricercatori hanno testato se un esteso warm-up dinamico (>20min) nelle sessioni mattutine potesse incrementare la temperatura corporea fino a eguagliare il picco raggiungibile nel pomeriggio, minimizzando dunque le differenze in performance tra le due sessioni. Cio’ nonostante, il picco di prestazione aerobica, di potenza, forza e a cronometro risultavano superiori nel pomeriggio (Teo, Newton & McGuigan, 2011).

 

Molti studi però non hanno considerato il cronotipo dei partecipanti per giungere a conclusioni definitive riguardo al time-of-day e performance.

 

Cronotipo e performance

Sebbene generalmente performance ottimali e record mondiali siano stati registrati nel pomeriggio, è necessario menzionare l’esistenza di una inter-individualità dei ritmi circadiani stessi: il cronotipo.

Per cronotipo si intende l’espressione del fenotipo temporale di un soggetto che riflette un individuale ritmo circadiano. Essenzialmente, corrisponde alla predisposizione soggettiva nel preferire svolgere attività al mattino (morning-type, M-T), alla sera (evening-type, E-T) o al non avere preferenze specifiche (neither-type, N-T). A seconda del cronotipo di appartenenza (di cui E-T e M-T rappresentano gli estremi dello spettro) le fluttuazioni ormonali giornaliere sono differenti.

 

Ad esempio, negli M-T i picchi di melatonina (~3h) si verificano prima che negli E-T tendendo cosi ad andare a letto e svegliarsi presto. Inoltre, gli M-T percepiscono maggiore senso di affaticamento (Tamm et al., 2009 & Rae et al., 2015) in performance atletiche serali.

 

Negli E-T i picchi di testosterone e cortisolo sono posticipati di ~3h rispetto ai M-T. Inoltre presentano una spiccata eccitazione a livello corticale e spinale che pare sia associata ad una maggiore espressione della forza nel pomeriggio (Tamm et al., 2009).

 

Gli N-T (~67% della popolazione mondiale) non presentano significative variazioni nella performance in fasi diverse del giorno sebbene sia per N-T che E-T la percezione di fatica sia superiore in attività mattutine (Rae et al, 2015), probabilmente a conseguenza di elevate concentrazioni di cortisolo (pre- che post-allenamento) (Bonato et al., 2017).

 

Cronobiologia e Sport: un esempio

In uno studio del 2015, atleti divisi in relazione al cronotipo di appartenenza dovettero effettuare il test di BLEEP (endurance cardiovascolare) in momenti diversi della giornata (7.00-10.00-13.00-16.00-19.00-22.00). Gli M-T raggiunsero il picco in performance intorno a mezzogiorno, gli N-T a metà pomeriggio e gli E-T verso sera. Inoltre, i dati raccolti dal team di scienziati riportò differenze giornaliere in performance fino al 10% per M-T ed N-T e del ~26% per E-T (Facer-Childs & Brandstaetter, 2015).

 

Si tratta di differenze enormi per atleti competitivi. Basti pensare come un miglioramento dell’1% può essere fondamentale per guadagnarsi un posto sul podio.

 

A questo punto potremmo domandarci se sia più determinante l’orario in cui una performance ha luogo o quante ore dopo il risveglio si effettuerà la stessa.

 

Cronobiologia e tempo di risveglio

Recentemente, gli scienziati hanno iniziato a considerare l’impatto del time since awakening (“tempo dal risveglio”) come variabile fondamentale per predire la performance atletica in relazione al cronotipo.

 

Considerando ad esempio lo studio precedente (2015), la distanza temporale tra i test e il tempo dal risveglio (abituale) dei tre cronotipi era piuttosto diversa. I test delle 10.00h e 13.00h (in cui gli M-T effettuarono la performance migliore) ebbero luogo circa 3-5h dopo il loro risveglio medio settimanale. Per gli E-T performance 15’-2h post risveglio risultò in un declino pronunciato della performance, che invece raggiunse il picco 11h dopo il risveglio medio (Facer-Childs & Brandstaetter, 2015).

 

Di conseguenza, risulta determinante non tanto l’ora della gara/test di valutazione, ma quante ore dopo il risveglio questa si verifica.

 

Infatti, gli E-T presentano un ritmo circadiano “traslato” rispetto agli M-T, comportando la necessità di tempi superiori perché siano pronti per l’attività atletica. In particolare, per performance relativamente vicine al tempo del risveglio.

 

Conclusioni e applicazioni pratiche

Infine, la massima performance atletica è ottenibile mediante la considerazione di:

  • cronotipo dell’atleta
  • la valutazione della sua performance in momenti diversi della giornata
  • orario abituale di allenamento
  • l’analisi della performance che tenga conto di quanto tempo è trascorso dal risveglio dello stesso (Facer-Childs & Brandstaetter, 2015; Rae, Stephenson & Roden, 2015)

 

Per trainers, coaches ed atleti conoscere il proprio cronotipo potrebbe essere utile in modo da programmare l’allenamento e ottimizzare la performance in eventuali gare. Alcuni questionari utili comprendono: l’Horne-Ostberg Morningness-Eveningness Personality Questionnaire, il Munich Chronotype Questionnaire e la Composite Scale of Morningness.

 

La performance sembrerebbe dunque derivare dall’interazione del cronotipo (endogeno), del tempo dal risveglio e del “tempo abituale di allenamento” (psico-biologico).

 

Sebbene il cronotipo sia parzialmente determinato dalla genetica di un soggetto, potrebbe essere modificato nel tempo attraverso allenamenti programmati in fasce orarie diverse da quelle abituali. Questo consente sia di soddisfare il tempo a disposizione del soggetto sia di massimizzare la performance in una gara stabilita in orario “non abituale” (Stephenson & Roden, 2015; Facer-Childs & Brandstaetter, 2015).

 

Ad ogni modo, lo spostamento della sessione serale a quella mattutina potrebbe comportare un aumento maggiore di danni muscolari sport-indotti, infiammazione e marcatori di stress ossidativo. Dunque, un appropriato intervento con supplementi potrebbe essere raccomandato (Ammar et al., 2016).

 

Per soggetti di cronotipo E-T e N-T, un riscaldamento prolungato al mattino (>20min) abbinato al consumo di caffeina possa portare miglioramenti nella performance.

 

L’ingestione di caffeina può infatti garantire vari benefici. Non solo ritarda il senso di affaticamento, incrementa la velocità di contrazione e l’attivazione dei motoneuroni, ma consente il ripristino della prestazione neuromuscolare (potenza e forza) in contrazioni muscolari dinamiche. Dunque, il consumo al mattino di 3mg/kg di peso corporeo (=2.5 espressi per un soggetto di ~75kg) pre-workout è una valida strategia per controbilanciare ritmi circadiani, tempo abituale di allenamento e cronotipo (Mora-Rodríguez et al., 2012).

 

A cura della Dr.essa Michela Giacosa

 

REFERENCES: 

  1. Bonato, M., La Torre, A., Saresella, M., Marventano, I., Merati, G., & Vitale, J. A. (2017). Salivary cortisol concentration after high-intensity interval exercise: time of day and chronotype effect. Chronobiology international, 34(6), 698-707.
  2. Ammar, A., Chtourou, H., Hammouda, O., Turki, M., Ayedi, F., Kallel, C., … & Souissi, N. (2016). Relationship between biomarkers of muscle damage and redox status in response to a weightlifting training session: effect of time-of-day. Acta Physiologica Hungarica, 103(2), 243-261.
  3. Facer-Childs, E., & Brandstaetter, R. (2015). The impact of circadian phenotype and time since awakening on diurnal performance in athletes. Current Biology, 25(4), 518-522.
  4. Guette, M., Gondin, J., & Martin, A. (2005). Time‐of‐day effect on the torque and neuromuscular properties of dominant and non‐dominant quadriceps femoris. Chronobiology international, 22(3), 541-558.
  5. Hayes, L. D., Bickerstaff, G. F., & Baker, J. S. (2010). Interactions of cortisol, testosterone, and resistance training: influence of circadian rhythms. Chronobiology international, 27(4), 675-705.
  6. Martin, A., Carpentier, A., Guissard, N., Van Hoecke, J., & Duchateau, J. (1999). Effect of time of day on force variation in a human muscle. Muscle & nerve, 22(10), 1380-1387.
  7. Mora-Rodríguez, R., Pallarés, J. G., López-Samanes, Á., Ortega, J. F., & Fernández-Elías, V. E. (2012). Caffeine ingestion reverses the circadian rhythm effects on neuromuscular performance in highly resistance-trained men. PLoS One, 7(4), e33807.
  8. Rae, D. E., Stephenson, K. J., & Roden, L. C. (2015). Factors to consider when assessing diurnal variation in sports performance: the influence of chronotype and habitual training time-of-day. European journal of applied physiology, 115(6), 1339-1349.
  9. Tamm, A. S., Lagerquist, O., Ley, A. L., & Collins, D. F. (2009). Chronotype influences diurnal variations in the excitability of the human motor cortex and the ability to generate torque during a maximum voluntary contraction. Journal of Biological Rhythms, 24(3), 211-224.
  10. Taylor, K., Cronin, J. B., Gill, N., Chapman, D. W., & Sheppard, J. M. (2011). Warm-up affects diurnal variation in power output. International Journal of Sports Medicine, 32(03), 185-189.
  11. Teo, W., Newton, M. J., & McGuigan, M. R. (2011). Circadian rhythms in exercise performance: implications for hormonal and muscular adaptation. Journal of sports science & medicine, 10(4), 600.

nota legale Corebo

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