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Allenamento a buffer: cos’è e come impostarlo?

  • Creato da COREBO Lite
  • Categorie Allenamento
  • Data 6 Maggio 2019
  • Commenti 0 commenti
  • Tags allenamento
allenamento a buffer

Allenamento a buffer: un allenamento che permette all’atleta di riuscire a gestire un carico senza portare la serie a cedimento muscolare, riuscendo quindi a concludere tutte le ripetizioni tenendo qualche “colpo in canna”.

Mi sono trovato più volte a dover gestire allenamenti a cedimento piuttosto che workout con un’intensità minore. In quest’ottica, mi sono domandato quali fossero gli allenamenti più proficui.

È sempre vero che si deve ricercare il cedimento muscolare nel bodybuilding? Oppure si può ottenere uno sviluppo ipertrofico anche senza lavori ad esaurimento?

Allenamento a buffer e scienza: la diatriba con i metodi ad esaurimento

allenamento a buffer che cos'è

Si ipotizza che l’allenamento orientato al cedimento muscolare riesca ad attivare un numero maggiore di unità motorie. Quando un sollevatore si stanca viene attivato un numero progressivo di unità motorie per continuare l’esercizio (Schoenfeld 2010).

Per diverso tempo ci si è orientati verso tale sistema per incoraggiare il fenomeno dell’ipertrofia muscolare.

Tuttavia, oggi ci sono prove che affermano che il metodo ad esaurimento aumenta la possibilità di incorrere in overtraining e burnout psicologico.

infatti, Izquierdo e collaboratori hanno scoperto che l’allenamento ad esaurimento causa riduzioni di IGF-1 e testosterone a riposo in soggetti che hanno seguito un protocollo di allenamento di 16 settimane (Izquierdo 2006).

Come spesso accade nel ricerca fonti scientifiche, non mancano i dati discordanti.

 

Drinkwater ha testato sulla bench press 26 giocatori di basket e di calcio con esperienza nell’allenamento della forza, ed è stato riscontrato che dopo 6 settimane chi si è allenato a cedimento ha ottenuto maggiori risultati rispetto a chi ha svolto i workout a buffer (Drinkwater et al. 2005).

Quello che si può dire in merito alle referenze scientifiche è che probabilmente uno studio di 6 settimane è troppo breve per poter verificare se un tipo di allenamento può indurre un affaticamento sistemico degno di rilevanza.

Allo stesso modo, anche uno studio di 16 settimane può far prevedere che una programmazione che vede sempre il cedimento muscolare sia deleteria nel lungo periodo.

Intuizioni sul come utilizzare questi metodi, al di là degli studi

https://youtu.be/if9iqNp6XxI

Possiamo intuire che programmare il cedimento muscolare può essere una buona alternativa, ovvero definire uno o più mesocicli progressivamente sempre più intensi passando dal lavoro a buffer all’allenamento a cedimento, per poi riprendere in mano i lavori a buffer.

Scala RTS e scala RPE per comprendere meglio l’allenamento a buffer

buffer training RPE RTS

Come anticipato, l’allenamento a buffer si riferisce ad un lavoro non protratto al cedimento. Possiamo trovare alcune delucidazioni attraverso l’analisi della scala RPE e della scala RTS.

Queste due scale sono riconducibili alle componenti del carico interno: la percezione dello sforzo fisico dell’atleta (Rate of Perceived Exertion) e l’alterazione dell’esecuzione tecnica valutata dall’osservatore (Rate of Technique Scale) (Bompa et al. 2009).

Queste due scale viaggiano di pari passo, perciò un progressivo aumento della percezione di fatica porterà inevitabilmente ad un incremento nell’alterazione della tecnica.

Questo ci può aiutare a gestire il nostro allenamento o quello dei nostri clienti. Ad esempio se il ritmo respiratorio è accelerato ma rimane costante, è possibile che anche la tecnica rimanga stabile. viceversa, se il ritmo respiratorio aumenta ed è alterato  probabilmente anche la tecnica subirà dei compensi.

Tutto questo ci dà un valido aiuto per capire se l’allenamento viene svolto in buffer o se è più orientato al cedimento muscolare.

Exertion levels & buffer training

exertion levels & buffer training

La tabella qui appena presentata fa riferimento allo sforzo percepito. Questa immagine ci aiuta a comprendere meglio l’allenamento a buffer.

Quando lavoriamo in buffer possiamo impostare il numero di serie e ripetizioni in base all’obiettivo. Nella prima colonna troveremo le percentuali che ci permetteranno di eseguire una singola serie protratta a cedimento, ma, calcolando che l’affaticamento sistemico è cumulativo, probabilmente non sarebbe possibile portare a termine una seconda serie. Per tale motivo è necessario tenere delle ripetizioni di “riserva” per riuscire a concludere le serie successive.

Possiamo concludere affermando che grazie all’utilizzo di due semplici tabelle abbiamo in mano gli strumenti per strutturare allenamenti a buffer. Possiamo anche programmare allenamenti a cedimento in maniera maggiormente consapevole, tenendo conto di ciò che ha affermato Izquierdo, ovvero che svolgere allenamenti a cedimento per lunghi periodi può portare ad una riduzione dei livelli di testosterone predisponendo l’atleta a bournout psicologico.

A cura del Dottor Samuele Cravanzola

 

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Tag:allenamento

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