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Anatomia e Biomeccanica

CoreboSport » Blog » Il sistema muscolo-scheletrico: guida per studenti

Il sistema muscolo-scheletrico: guida per studenti

  • Creato da COREBO Lite
  • Categorie Anatomia e Biomeccanica
  • Data 25 Ottobre 2019
  • Commenti 0 commenti
  • Tags anatomia e biomeccanica, sistema muscolo scheletrico
sistema muscolo scheletrico

Paragoniamo il sistema muscolo scheletrico ad una casa: ci sarà un’impalcatura muraria, un sistema idraulico e uno elettrico.

Nel nostro corpo non possiamo però chiamarli in questo modo e pertanto faremo dei paragoni per comprendere meglio la biologia.

  • L’impalcatura della casa è costituito dalle ossa e dai muscoli: un insieme di sostanze organiche e acqua. Le ossa sono costituite da idrossiapatite e cellule vive come osteoblasti e osteoclasti. I muscoli, al contrario, da acqua (per poco meno dell’80%) e proteine (circa il 20%);
  • il quadro elettrico della casa del sistema muscolo-scheletrico è composto dal sistema nervoso centrale e periferico che raggiunge i nostri muscoli con i motoneuroni;
  • il sistema idrico è riferito al nostro apparato cardiocircolatorio, composto dal cuore, i suoi vasi e la rete capillare.

La contrazione di un muscolo viene avvertita da tutto il sistema in un delicato intreccio di sistemi coordinati tra loro.

Vediamo nel dettaglio cos’è il sistema muscolo-scheletrico.

Le ossa e le articolazioni del sistema muscolo scheletrico

Lo scheletro umano rappresenta la costruzione rigida dell’essere umano.

Fornisce una struttura leggera e forte, sulla quale si creano leve meccaniche che permettono il movimento grazie ai muscoli. La funzione del sistema scheletrico è di sostegno, protezione e funzione come un serbatoio minerario.

Lo scheletro di un individuo adulto è composto da 206 ossa. Il bambino ne possiede molte di più: si stimano più di 300 ossa nel bambino.

Anatomia e funzioni dello scheletro

Lo scheletro, anatomicamente, è diviso in 2 metà (Marieb & Hoehn, 2007):

  • lo scheletro assiale: composto dal teschio, o cranio, dalla colonna vertebrale, dallo sterno e dalle coste;
  • lo scheletro appendicolare: composto dal cingolo scapolare (scapole e clavicole), dalle ossa delle braccia, dei polsi e delle mani (omero, radio, ulna, carpo, metacarpo e falangi), dalla cintura pelvica (ossa dell’anca) e dalle ossa delle gambe, delle caviglie e dei piedi (femore, rotula, tibia, perone, tarso, metatarso e falangi).

Il punto di contatto, diretto o indiretto, tra due ossa prende il nome di articolazione.

L’osso possiede proprietà meccaniche in termini di durezza e resistenza alla compressione e alla torsione. Inoltre è costituito da popolazioni di cellule che ogni giorno si adoperano per rinnovare questo tessuto, grazie all’aiuto di messaggeri che indirizzano il lavoro nel tessuto osseo: gli ormoni.

Gli ormoni garantiscono all’osso di costruirsi e rinnovarsi più forte e, viceversa, in alcune condizioni di indebolirsi, per squilibri organici, a causa di alcune patologie, della sedentarietà e di alcuni squilibri nutrizionali.

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Quante tipologie di ossa esistono? Le basi dell’apparato muscolo scheletrico

Le ossa del corpo umano sono diverse per forma e lunghezza svolgendo funzioni differenti. Possiamo dividere le ossa in:

  • Ossa lunghe
  • Ossa brevi
  • Ossa piatte

Le ossa sono punto di ancoraggio di tendini muscolari e legamenti, atti a dare stabilità ad un’articolazione.

L’osso è un materiale vivo, con all’interno vasi sanguigni e nervi ed è costituito da due parti: una regione corticale (o compatta) che costituisce circa l’80% dell’osso e una regione spongiosa (o trabecolare). A sua volta la regione corticale dell’osso si divide in: lamellare, fibrolamellare e woven.

La parte corticale lamellare dell’osso è costituita da fibre che sono organizzate in lamelle, cioè lamine concentriche che costituiscono gli elementi di base microstrutturali dell’osso: gli osteoni. Gli osteoni possono essere primari e secondari. Gli osteoni primari si sviluppano intorno ai vasi sanguigni e sono i primi a formarsi a differenza dei secondari che si formano dopo rimodellamento osseo.

Ricordiamo che il rimodellamento è continuo durante la nostra vita e la tipologia di attività fisica può influenzare il grado di mineralizzazione ossea.

L’osteone è definito anche sistema di Havers, costituito da canali chiamati Haversiani che percorrono l’asse longitudinale delle ossa, dove passano i vasi sanguigni, e i canali di Volkmann, con decorso trasversale.

La parte corticale fibrolamellare è tangente alla superficie delle ossa mentre la corticale woven è un’organizzazione casuale di fibre collagene, presente in adulti a seguito di lesione ossea.  

Le popolazioni cellulari dell’osso: osteoblasti e osteoclasti

Le cellule che garantiscono il rinnovamento di tale tessuto sono due tipologie di cellule:

  • osteoblasti;
  • osteoclasti.

Gli osteoblasti

Gli osteoblasti sono deputati alla costruzione dell’osso. Immaginiamo che siano tanti piccoli muratori disseminati su tutta la superficie dell’osso che sono specializzati nella costruzione di nuova matrice ossea. Ormoni quali la calcitonina prodotta dalla nostra tiroide, permette di stimolare l’attività di queste cellule.

Gli osteoclasti

Gli osteoclasti invece sono deputati alla distruzione dell’osso, necessari affinché avvenga un rinnovamento e per garantire un corretto quantitativo di minerali all’interno del sangue, qualora mancassero. L’ormone PTH prodotto dalle quattro ghiandole paratiroidi ci permette aumentare l’attività di questa popolazione di cellule.

Invecchiamento e sistema muscolo-scheletrico

Durante l’arco della nostra vita gli osteoblasti tendono a rimanere ingabbiati nella matrice che hanno sempre costruito e a lasciare il via libera ad una maggior attività osteoclastica, enfatizzata ancora di più dalla diminuita produzione di ormoni.

Una caratteristica degli osteoblasti è quella però di possedere sulla loro superficie dei meccanocettori, deputati a rilevare le tensioni meccaniche, garantendo così una loro attività, nei casi in cui il soggetto in questione fosse una persona attiva. È proprio l’attività fisica moderata che sembra mantenere l’attività osteoblastica in buono stato, rallentando la demineralizzazione ossea tipica dei soggetti anziani.

L’osso è una struttura gerarchica complessa che si sviluppa nell’arco dell’infanzia e dell’adolescenza assumendo la conformazione presente nell’adulto.

Articolazioni e sistema muscolo-scheletrico

Abbiamo visto un’introduzione sul sistema scheletrico, seppur semplicistica e abbiamo visto come l’articolazione sia il punto di contatto tra due ossa.

In base all’ampiezza del movimento, le articolazioni si dividono in (Marieb & Hoehn, 2007):

  • articolazioni cartilaginee (ad es tra i dischi vertebrali) che permettono un movimento limitato;
  • articolazioni fibrose (ad es. le suture del cranio) che non permettono alcun movimento (slittamenti minimi, in verità);
  • articolazioni sinoviali (ad es. gomito e ginocchio) che consentono un movimento ampio.

Per muoversi, le due ossa che formano le articolazioni, devono essere “lubrificate”. In caso contrario si creerebbe attrito e infiammazione. Da questo comprendiamo come il sistema muscolo-scheletrico sia alquanto complesso da studiare. Abbiamo strutture, sostanze e interazioni di diversi apparati corporei che garantiscono la genesi di un movimento anche banale.

Ad ogni estremità le articolazioni sono ricoperte da una cartilagine chiamata ialina, con lo scopo di limitare al minimo l’attrito. All’interno dell’articolazione vi è una capsula dove è presente il nostro liquido sinoviale, il lubrificatore del nostro corpo.

Più ci muoviamo più il nostro “olio”, il liquido sinoviale, viene immesso tra gli ingranaggi cioè le nostre articolazioni.

Un gesto ripetuto nel tempo può consumare la cartilagine ialina e limitare la produzione di liquido per stress da sovraccarico. Questo potrebbe far sviluppare infiammazioni croniche e limitare la forza.

Tipologie di articolazioni

Tra le articolazioni sinoviali abbiamo un’ulteriore distinzione in base ai fulcri nei quali le articolazioni si muovono:

  • articolazioni monoassiali: si comportano come perni ruotando su un solo asse (gomito);
  • articolazioni biassiali permettono movimenti su due assi perpendicolari (polso, caviglia);
  • articolazioni multiassiali permettono il movimento su tre assi (spalla, anca).

Una particolare tipologia di “articolazione” è la colonna vertebrale. È formata da varie ossa vertebrali separate da dischi flessibili, che permettono il movimento.

In essa troviamo quasi tutti i tipi di articolazioni sopra esposti.

Sistema muscolo-scheletrico: i muscoli e i tendini

I muscoli sono il motore principale di tutto il sistema locomotore.

I muscoli ha due punti che definiamo origine e inserzione.

  • L’origine (inizio) del muscolo è rappresentato dall’attaccamento prossimale, cioè vicino all’asse mediano del corpo;
  • l’inserzione (fine) del muscolo è il punto distale di ancoraggio alle ossa.

Nella contrazione muscolare, generalmente, l’accorciamento avviene da inserzione a origine. Anche se tutto cambia in base al movimento che si compie o al punto di riferimento articolare che si identifica.

Tempo fa ci occupammo anche delle tipologie di contrazioni muscolari.

Come fanno i muscoli a connettersi alle ossa? Per mezzo dei tendini (inserzioni fibrose).

Esistono anche alcune inserzioni carnose dove le fibre muscolari sono direttamente legate all’osso (piccola dimensione tendinea).

I tendini si fondono con la guaina muscolare e il tessuto connettivo che circonda l’osso, mentre alcune fibre penetrano all’interno dell’osso stesso.

La contrazione muscolare mette in tensione i tendini che fanno presa sulle ossa.

Le ossa vengono mosse intorno a fulcri tramite le articolazioni.

Il movimento viene così generato. Volutamente abbiamo evitato di parlare del sistema nervoso e di altri meccanismi più complessi, per fornirvi le informazioni di base che possono servire da ripasso.

Leve, fulcri e movimenti del sistema muscolo-scheletrico

I movimenti corporei direttamente coinvolti nello sport e nelle attività quotidiane funzionano secondo un sistema di leve.

Per leva s’intende un’applicazione di forza da parte di un corpo rigido o semirigido su un qualsiasi altro oggetto.

Ogni leva applica forza tramite un perno di applicazione, chiamato fulcro.

La distanza tra l’applicazione della forza e il fulcro viene chiamata “braccio della forza”.

Queste definizioni tratte dalla fisica sono importanti per capire, a livello biomeccanico, il movimento umano.

In breve, ricordiamo che:

  • i muscoli rappresentano la forza per vincere o contrastare una resistenza;
  • la leva rappresenta la forza applicata dai muscoli sulle ossa;
  • le ossa si muovono tramite le articolazioni, che in questo caso rappresentano i fulcri;
  • la distanza tra l’applicazione di forza muscolare e l’articolazione rappresenta il “braccio di leva”.

Infine esiste un’ultima definizione da spiegare: il momento.

Il momento è il prodotto tra la forza applicata e il braccio di leva della forza (M = F * l).

Viene semplice intuire che per vincere una resistenza occorre che il momento muscolare sia maggiore del momento della resistenza. Se i due momenti sono di pari valore allora vuol dire che c’è equilibrio o nessun movimento. Se il momento della resistenza supera quello della forza muscolare allora siamo nei casi di un’alzata fallita.

Da qui si aprono tantissime casistiche differenti in base al tipo di movimento che andremo a compiere.

A livello articolare (e fisico) possiamo osservare soltanto tre casistiche differenti:

  • leva di primo genere: la forza muscolare e la forza resistente agiscono su lati opposti del fulcro (può essere sia vantaggiosa che svantaggiosa);
  • leva di secondo genere: la forza muscolare e la forza resistente agiscono sullo stesso lato del fulcro ma la forza muscolare ha un braccio superiore (sempre vantaggiosa);
  • leva di terzo genere: una leva in cui la forza muscolare e la forza resistente agiscono sullo stesso lato del fulcro ma la forza resistente ha un braccio maggiore (sempre svantaggiosa).

Alcune delucidazioni per i professionisti del movimento

Per nostra sfortuna le leve del corpo sono quasi sempre di primo o terzo genere e nella maggior parte dei casi svantaggiose. Lo studio delle leve ci permette di capire diversi aspetti interessanti quando parliamo di tecnica di esecuzione personalizzata in alcuni esercizi quali lo squat, la panca piana o le tirate.

Un soggetto con inserzioni tendinee leggermente più lontane dal centro dell’articolazione può sollevare maggiori carichi, dato che la forza muscolare agisce con un braccio più lungo (Perrine & Edgerton, 1978). Però un braccio di leva più lungo, con inserzione tendinea remota, richiede un maggior tempo di attivazione per poter contrarre totalmente un muscolo: questo si traduce in perdita di velocità (Perrine & Edgerton, 1978).

Più è vicina l’inserzione tendinea dal fulcro articolare, più un’articolazione verrà mossa velocemente ma con meno forza; più è lontana l’inserzione tendinea me sarà la velocità di applicazione ma maggiore sarà la forza generata (Perrine & Edgerton, 1978).

Gli spostamenti tendinei considerati si riferiscono a variazioni di millimetri, e dipendono soprattutto dalle leve corporee ossia dalla dimensione del soggetto.

Conclusioni

L’apparato locomotore risulta un sistema complesso. Invitiamo, una volta terminata la lettura di questo articolo di approfondire ulteriormente l’argomento con corsi avanzati.

Il sistema muscolo-scheletrico è l’insieme di ossa e muscoli che garantiscono la genesi dei movimenti così come li conosciamo nello sport.

Lo scheletro è formato da diverse ossa che si muovono tra di loro attraverso le articolazioni.

I muscoli sono aggrappati allo scheletro tramite i tendini. I tendini si fondono con le ossa e i muscoli in due punti chiamati origine e inserzione.

Ogni volta che un muscolo si contrae mette in tensione il tendine che sposta un osso che si muove grazie ad un’articolazione.

Questo complesso sistema di interazioni viene trasformato in un sistema fisico fatto di leve, fulcri e momenti. Esistono 3 tipi di leve: le leve di I, II e III grado.

Nel corpo esistono tutti e tre i tipi di leve anche se quelle predominanti sono di primo e terzo genere.

In tutto questo la genetica e l’anatomia del soggetto gioca un ruolo predominante per chi si occupa di studio del movimento e personalizzazione delle tecniche di sollevamento.

REFERENCES:

  1. Marieb N & Hoehn, K (2007). Human anatomy & physiology. Pearson Education.
  2. Muscle force-velocity and power-velocity relationships under isokinetic loading. Medicine and science in sports, 10(3), 159-166.

Tag:anatomia e biomeccanica, sistema muscolo scheletrico

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